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Thursday, February 6, 2014

"Tu sii forte e mostrati uomo"


"Re Davide è stato un grande: un grande peccatore e un grande santo. Come vanno insieme queste due cose Dio lo sa!"

Papa Francesco, commentando il ciclo delle letture di questi giorni su Davide, Re di Israele ha fatto alcune riflessioni che mi hanno molto colpito.

Davide apprende la morte di Saul

Innanzitutto il Papa ha detto che il più grande peccato di oggi è non chiamare il peccato per nome. Sostituirlo con "un problema da risolvere". Davide si macchia di una colpa gravissima. Approfitta dell'assenza di uno dei suoi fedeli soldati, Urìa, per portarsi a letto la moglie di lui, Betsabea. Pensa di farla franca ma Betsabea rimane incinta! Come fare adesso? Semplice, senza alcuno scrupolo, manda Urìa in battaglia, lo fa combattere in prima fila così che muoia prima di scoprire ciò che accaduto. 
Davide non è scosso dal tradimento, né dall’assassinio: "Si trova davanti ad un grosso peccato", dice il Papa: "Ma lui non lo sente, il peccato. Non gli viene in mente di chiedere perdono". Vuole solo trovare un modo per superare il problema. 

Nel caso di chi prova attrazioni omosessuali, il modo più veloce e superficiale per eliminare il problema è assecondarle. Uomini che intrattengono relazioni sessuali con uomini, e donne con donne. Davide è schiavo, non del suo sbaglio, ma del peccato non riconosciuto.  «Se qualcuno pensa "Io mai ho avuto tentazioni", o è un cherubino o è un po' scemo, no? È normale nella vita la lotta, il diavolo non sta tranquillo, lui vuole la sua vittoria», dice il Papa. 
La vera grazia è allora riconoscere lo sbaglio, riconoscere il male. Solo allora Davide si rende conto di avere peccato, si rende conto di quanto Dio sia stato buono con lui e di quanto invece lui sia stato cattivo ed ingiusto. Non giustifica le sue azioni malvagie, le chiama per nome. Non si sente a posto, anche dopo che si converte e fa penitenza. Si chiama peccatore. Perché si sente peccatore. Perché è in debito con Dio. E questo lo rende santo.


E ancora il Papa ci dice con tanta umiltà:
"Io vi confesso che, quando vedo queste ingiustizie, questa superbia umana, anche quando vedo il pericolo che a me stesso avvenga questo, il pericolo di perdere il senso del peccato, mi fa bene pensare ai tanti Urìa della storia, ai tanti Urìa che anche oggi soffrono la nostra mediocrità cristiana. Sono i martiri dei nostri peccati non riconosciuti"

Potrebbe sembrare strano che guardare un filmato pornografico nel privato della mia stanza possa avere ripercussioni anche sugli altri. Eppure non funzioniamo a compartimenti stagni. Il male non è mai affare solo mio, anche quando riguarda l'uso che faccio del mio corpo. Priva la società della mia capacità di giudizio, di vedere le cose e le persone con lucidità. Di fare il mio lavoro serenamente e servire gli altri. Rende un datore di lavoro nervoso e rigido. Un impiegato ribelle e svogliato. Un tassista stanco e distratto. Uno studente demotivato. Un attore spento. Un medico insensibile. Mi rende poco coraggioso nel fare scelte che possano aiutare il prossimo. Poco attento ai bisogni dei miei amici. Impedisce di mettere a frutto i miei talenti, privando il mondo della mia umanità. Per questo Gesù ha istituito il sacramento della riconciliazione. Per questo vado a dire i fatti miei ad un altro. Perché chiedo perdono non solo a Dio, ma ai fratelli. Per averli privati della ricchezza che io posso offrire loro per grazia di Dio. O peggio, per averli feriti più o meno gravemente, nella psiche, nel corpo, nello spirito.

"Signore, fammi il regalo di morire a casa, nella Chiesa!”, dice ancora il Papa. "Peccatori sì, tutti, tutti lo siamo! Ma traditori no! Corrotti no! Sempre dentro! E la Chiesa è tanto madre che ci vuole anche così, tante volte sporchi, ma la Chiesa ci pulisce: è madre!".

Essere peccatore mi rende di diritto membro di questa Chiesa. E più cado, più ho bisogno di starci dentro. Solo così, questo paradosso di Davide grande peccatore e grande santo non sembra più così tanto strano e diventa una grande speranza per tutti noi...


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