La mia è la storia di un ragazzo che aveva grandi ambizioni, e profondi desideri di felicità per sé e per gli altri. Un ragazzo che aveva molta sete di senso e che cercava. Questa ricerca però non dava mai risultati soddisfacenti. Il ragazzo non voleva fare i conti con le proprie ferite, perché faceva troppo male. Inoltre si giudicava e si colpevolizzava di continuo. La sua vita era dominata dalla paura. Paura di fallire. Paura di non essere all'altezza. Le sue scelte di conseguenza non erano mai veramente le sue.
In particolare era frustrato dalle insicurezze nel rapporto con la sua mascolinità e nelle relazioni con le ragazze. Alcune lo desideravano, ma lui non si sentiva attratto da loro. Altre era lui invece a desiderarle, ma per un motivo o per un altro, non riuscì ad averle. Il "dramma" del rifiuto. La paura della vergogna. Le ragazze cominciarono ad apparire come un mondo troppo complesso, una meta troppo difficile da raggiungere. Preferì dunque assecondare le sue ansie, preferì vivere di emozioni, finendo per credere di essere quelle emozioni.
Queste emozioni gli dicevano: "Ti senti bene quando stai con gli uomini". Era vero! Il ragazzo stava bene con loro. Voleva essere come loro, voleva sentirsi amato da loro. Il suo bisogno era reale. Era sacrosanto. Ma il ragazzo tendeva ad idealizzare gli uomini, li considerava dèi, solo perché pensava di essere inferiore. Tale convinzione lo portò ad erotizzare questo legittimo bisogno di amore. L'unione sessuale sembrava essere l'unico modo per acquisire quella mascolinità, quella sicurezza.
Il ragazzo cominciò così a frequentare siti pornografici gay. Quelle immagini per le quali inizialmente provava disgusto finirono per definire il suo standard di piacere sessuale. Sentiva di essere caduto in un baratro, dove l'unico desiderio impellente era quello di emulare il comportamento di questi personaggi. Cadde così in una vita mediocre, fatta di incontri sessuali e relazioni precarie con uomini, piena di falsa allegria, ma ricolma di paure.
Si rese ben presto conto di non avere trovato quello che cercava, ma insoddisfazione. Mancava qualcosa. Ma cosa?
Cresciuto cattolico praticante, ma con una fede troppo abitudinaria per reggere l'impatto con una prova così forte, Matteo si allontanò dalla Chiesa, scandalizzato dal suo stesso peccato e dal peso di questa croce, troppo dura da affrontare. Sapeva che quello che stava facendo in ultimo era sbagliato. Ma sperava dentro di sé che quello sbaglio potesse prima o poi sorprenderlo, colmando la sete del suo cuore. Sebbene non abbracciò mai l'ideologia gay, e non si sentisse particolarmente a suo agio nei locali LGBT, continuò per un paio di anni con alti e bassi a frequentare quel mondo, ma si sentiva un "diverso tra i diversi". Cosa c'era che non andava?
Nonostante le sue frequentazioni gay, Matteo tornava di tanto in tanto in chiesa la domenica per trovare un po' di pace, e in particolare era affascinato dalle omelie di un giovane sacerdote francescano, che sembrava veramente ispirato dallo Spirito Santo e muoveva qualcosa dentro il suo cuore. E diceva tra sé “quanto vorrei parlargli, dirgli tutto di me stesso”. L'idea di parlarne apertamente con un sacerdote lo terrificava. Temeva il giudizio, temeva la condanna. Eppure quel sacerdote sembrava paterno. Passarono alcuni mesi, per un periodo Matteo fu piuttosto sereno, non cercava più ossessivamente la compagnia di ragazzi. Ma le pulsioni omosessuali tornarono, e cominciarono a diventare un fardello insopportabile. Una domenica decise di tornare in chiesa, sperando di trovare una risposta a tutto questo. Era la sua ultima spiaggia. Non aveva intenzione di confessarsi eppure il sacerdote in questione quel giorno anziché celebrare messa, era seduto lì al confessionale. Che occasione pensò! Decise che per la prima volta in vita sua si sarebbe accostato al confessionale senza reticenze.
Non si sarebbe tenuto troppo vago con un "non sono stato puro", "ho peccato contro la purezza" o cose un po' troppo generiche con le quali tendeva in genere a mascherare le sue inclinazioni, ma avrebbe avuto il coraggio, di fronte a quell'uomo che gli ricordava il volto di Gesù, di essere sincero e di chiamare il peccato con il suo nome: "ho avuto esperienze omosessuali". Mentre elencava i suoi peccati, il sacerdote aveva gli occhi chiusi, e il suo viso sembrava esprimere una profonda sofferenza per quello che stava ascoltando.
Dopo avere guardato dritto in avanti con i suoi occhi blu che sembravano puntare l'Eterno, il sacerdote tirò un respiro profondo e stiede qualche secondo in silenzio, come se aspettasse che lo Spirito gli comunicasse le parole giuste. Matteo pendeva dalle sue labbra ed era assetato di parole di salvezza. Finché il sacerdote aprì bocca e dopo avere pronunciato qualche breve frase disse : “tutto quello che voglio dirti sono le parole che Gesù ha rivolto all'adultera “Io non ti condanno per quello che hai fatto, ma va' e non peccare più”. Poi gli chiese se avesse la Bibbia a casa. Matteo rispose di sì e con una serena apprensione nei suoi confronti gli disse, “appena arrivi a casa, aprila e leggi “Giovanni 8, 1-11”.
Quello per Matteo fu il momento in cui sentì la mano di Dio sopra la sua testa, il perdono di Gesù arrivare dalle sue stesse labbra, un giudizio di amore e non di condanna. Una comprensione per le sue ferite e per quello che aveva fatto, e un invito incoraggiante: “non sei obbligato a condurre una vita di mediocrità, io ti ho perdonato e posso liberarti da questo peso, quindi vai e sforzati di non peccare più, io farò il resto.”
Quel pomeriggio Matteo pianse per due ore, avendo sentito di avere offeso un Dio buono. Ma fu una sofferenza catartica che lo fece rinascere nella fede. Da quel momento in poi Matteo si sforzò di avvicinarsi al confessionale come un libro aperto, e più era aperto col sacerdote, più era felice dopo e quella confessione portava frutto nelle settimane successive, e forse anche negli anni, solo Dio lo sa. Da quel momento, Matteo decise che avrebbe provato a cambiare, avrebbe provato a fidarsi un po' più di Gesù, e un po' meno di sé stesso. E da quel giorno, grazie all'aiuto di Dio, non ha più avuto rapporti sessuali con uomini. Quel ragazzo, Matteo, sono io, e quel sacerdote è stato per me il padre che aspettava con le braccia aperte il ritorno del suo Figliuol prodigo.
Ai ragazzi che non vivono con serenità il loro orientamento omosessuale, e che hanno perso la fede per questo, vorrei lasciare le parole del Papa...
“Lasciamoci avvolgere dalla misericordia di Dio; confidiamo nella sua pazienza che sempre ci dà tempo, abbiamo il coraggio di tornare nella sua casa, di dimorare nelle ferite del suo amore, lasciandoci amare da Lui, di incontrare la sua misericordia nei sacramenti. Sentiremo la sua tenerezza, tanto bella, sentiremo il suo abbraccio e saremo anche noi più capaci di misericordia, di pazienza, di perdono, di amore".
In particolare era frustrato dalle insicurezze nel rapporto con la sua mascolinità e nelle relazioni con le ragazze. Alcune lo desideravano, ma lui non si sentiva attratto da loro. Altre era lui invece a desiderarle, ma per un motivo o per un altro, non riuscì ad averle. Il "dramma" del rifiuto. La paura della vergogna. Le ragazze cominciarono ad apparire come un mondo troppo complesso, una meta troppo difficile da raggiungere. Preferì dunque assecondare le sue ansie, preferì vivere di emozioni, finendo per credere di essere quelle emozioni.
Queste emozioni gli dicevano: "Ti senti bene quando stai con gli uomini". Era vero! Il ragazzo stava bene con loro. Voleva essere come loro, voleva sentirsi amato da loro. Il suo bisogno era reale. Era sacrosanto. Ma il ragazzo tendeva ad idealizzare gli uomini, li considerava dèi, solo perché pensava di essere inferiore. Tale convinzione lo portò ad erotizzare questo legittimo bisogno di amore. L'unione sessuale sembrava essere l'unico modo per acquisire quella mascolinità, quella sicurezza.
Il ragazzo cominciò così a frequentare siti pornografici gay. Quelle immagini per le quali inizialmente provava disgusto finirono per definire il suo standard di piacere sessuale. Sentiva di essere caduto in un baratro, dove l'unico desiderio impellente era quello di emulare il comportamento di questi personaggi. Cadde così in una vita mediocre, fatta di incontri sessuali e relazioni precarie con uomini, piena di falsa allegria, ma ricolma di paure.
Si rese ben presto conto di non avere trovato quello che cercava, ma insoddisfazione. Mancava qualcosa. Ma cosa?
Cresciuto cattolico praticante, ma con una fede troppo abitudinaria per reggere l'impatto con una prova così forte, Matteo si allontanò dalla Chiesa, scandalizzato dal suo stesso peccato e dal peso di questa croce, troppo dura da affrontare. Sapeva che quello che stava facendo in ultimo era sbagliato. Ma sperava dentro di sé che quello sbaglio potesse prima o poi sorprenderlo, colmando la sete del suo cuore. Sebbene non abbracciò mai l'ideologia gay, e non si sentisse particolarmente a suo agio nei locali LGBT, continuò per un paio di anni con alti e bassi a frequentare quel mondo, ma si sentiva un "diverso tra i diversi". Cosa c'era che non andava?
Nonostante le sue frequentazioni gay, Matteo tornava di tanto in tanto in chiesa la domenica per trovare un po' di pace, e in particolare era affascinato dalle omelie di un giovane sacerdote francescano, che sembrava veramente ispirato dallo Spirito Santo e muoveva qualcosa dentro il suo cuore. E diceva tra sé “quanto vorrei parlargli, dirgli tutto di me stesso”. L'idea di parlarne apertamente con un sacerdote lo terrificava. Temeva il giudizio, temeva la condanna. Eppure quel sacerdote sembrava paterno. Passarono alcuni mesi, per un periodo Matteo fu piuttosto sereno, non cercava più ossessivamente la compagnia di ragazzi. Ma le pulsioni omosessuali tornarono, e cominciarono a diventare un fardello insopportabile. Una domenica decise di tornare in chiesa, sperando di trovare una risposta a tutto questo. Era la sua ultima spiaggia. Non aveva intenzione di confessarsi eppure il sacerdote in questione quel giorno anziché celebrare messa, era seduto lì al confessionale. Che occasione pensò! Decise che per la prima volta in vita sua si sarebbe accostato al confessionale senza reticenze.
Non si sarebbe tenuto troppo vago con un "non sono stato puro", "ho peccato contro la purezza" o cose un po' troppo generiche con le quali tendeva in genere a mascherare le sue inclinazioni, ma avrebbe avuto il coraggio, di fronte a quell'uomo che gli ricordava il volto di Gesù, di essere sincero e di chiamare il peccato con il suo nome: "ho avuto esperienze omosessuali". Mentre elencava i suoi peccati, il sacerdote aveva gli occhi chiusi, e il suo viso sembrava esprimere una profonda sofferenza per quello che stava ascoltando.
Dopo avere guardato dritto in avanti con i suoi occhi blu che sembravano puntare l'Eterno, il sacerdote tirò un respiro profondo e stiede qualche secondo in silenzio, come se aspettasse che lo Spirito gli comunicasse le parole giuste. Matteo pendeva dalle sue labbra ed era assetato di parole di salvezza. Finché il sacerdote aprì bocca e dopo avere pronunciato qualche breve frase disse : “tutto quello che voglio dirti sono le parole che Gesù ha rivolto all'adultera “Io non ti condanno per quello che hai fatto, ma va' e non peccare più”. Poi gli chiese se avesse la Bibbia a casa. Matteo rispose di sì e con una serena apprensione nei suoi confronti gli disse, “appena arrivi a casa, aprila e leggi “Giovanni 8, 1-11”.
Quello per Matteo fu il momento in cui sentì la mano di Dio sopra la sua testa, il perdono di Gesù arrivare dalle sue stesse labbra, un giudizio di amore e non di condanna. Una comprensione per le sue ferite e per quello che aveva fatto, e un invito incoraggiante: “non sei obbligato a condurre una vita di mediocrità, io ti ho perdonato e posso liberarti da questo peso, quindi vai e sforzati di non peccare più, io farò il resto.”
Quel pomeriggio Matteo pianse per due ore, avendo sentito di avere offeso un Dio buono. Ma fu una sofferenza catartica che lo fece rinascere nella fede. Da quel momento in poi Matteo si sforzò di avvicinarsi al confessionale come un libro aperto, e più era aperto col sacerdote, più era felice dopo e quella confessione portava frutto nelle settimane successive, e forse anche negli anni, solo Dio lo sa. Da quel momento, Matteo decise che avrebbe provato a cambiare, avrebbe provato a fidarsi un po' più di Gesù, e un po' meno di sé stesso. E da quel giorno, grazie all'aiuto di Dio, non ha più avuto rapporti sessuali con uomini. Quel ragazzo, Matteo, sono io, e quel sacerdote è stato per me il padre che aspettava con le braccia aperte il ritorno del suo Figliuol prodigo.
Ai ragazzi che non vivono con serenità il loro orientamento omosessuale, e che hanno perso la fede per questo, vorrei lasciare le parole del Papa...
“Lasciamoci avvolgere dalla misericordia di Dio; confidiamo nella sua pazienza che sempre ci dà tempo, abbiamo il coraggio di tornare nella sua casa, di dimorare nelle ferite del suo amore, lasciandoci amare da Lui, di incontrare la sua misericordia nei sacramenti. Sentiremo la sua tenerezza, tanto bella, sentiremo il suo abbraccio e saremo anche noi più capaci di misericordia, di pazienza, di perdono, di amore".
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